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martedì 15 gennaio 2019

Self-centered

Sono io troppo concentrata su me stessa?
Se mi pongo dei quesiti è perché mi sto rendendo conto che ho un problema o perché penso che gli altri non mi diano il giusto peso?

Mi odio. Da morire. E più vado avanti così, più trovo conferme nella vita.
Ho sempre sognato ad occhi aperti e continuo tutt'ora a farlo, sperando che la vita mi offra qualcosa in discesa. Con questo non sto dicendo che ho avuto difficoltà enormi, ma che nulla mi è stato regalato. Mai. Non ho avuto l'intelligenza, l'astuzia o l'intuizione, non sono stati doni che ho avuto fin dalla nascita, ho dovuto costruirli. Non sono mai stata una bambina intelligente. Mi sono dovuta alzare le maniche e studiare. Non mi ho una memoria fotografica, perciò sono costretta a mettermi in posizioni scomode, scrivermi gli schemi su pagine bianche e ripetere ad alta voce come una macchinetta. Ho una memoria acustica e molte volte ripetendo dico parole diverse solo perché suonano sonoramente allo stesso modo. Dislessia portami via, in sostanza.
L'intuizione non mi è stata utile nemmeno in campo personale. Partendo dal presupposto che nei miei 24 anni, ho sempre avuto relazioni di merda, forse questa che sto avendo potrebbe andare in porto e "vivere felice e contenta", ma dal momento in cui la mia intuizione fa schifo non ne sono nemmeno più così sicura. Non contando gli amici. Ci sono persone che hanno amici fin dall'infanzia, da quando sono all'asilo nido e poi, passano gli anni, si va al liceo, all'università, anche non nella stessa, ci si sposa, si va ai matrimoni e ci si incontra tutti i sabati nello stesso pub alla "How I met your mother". E tu, che stai leggendo, probabilmente hai avuto la stessa esperienza e ti chiedi "Beh, è così difficile? Tutti ce l'hanno."
Sbagliato.
Io no. Posso contare i miei amici su due mani, se proprio voglio esagerare, e oltretutto non sono nemmeno perfetti. Ma mi accontento. Mi hanno sempre detto che aspirare a qualcosa sopra le proprie capacità scaturisce arroganza e sopravvalutazione. E io non voglio esserlo. E quindi mi sono fermata. Anche perché in questi pochi 24 anni posso dire di essere piaciuta al 20% della gente che ho conosciuto, di cui l'1% è ancora mia amica. Great.
Non per altro sono sempre stata bullizzata. Poi ho deciso di battere il cosiddetto "bullismo" con l'autoironia e sarcasmo ed effettivamente non ci sono stata più male. Un po' perché dopo 16 anni incominci a mettere un po' di sale nel cervello e i teenagers capiscono che bullizzare serve a poco e niente, un po' perché non avevo più voglia di ascoltare e volevo stare bene.
Non per altro mi sono adeguata alla massa: studia, fai cose stupide, scopa più che puoi, fatti le canne, bevi, suona qualcosa che fa figo e viaggia. Alla fine queste piccole - eppure così grandi - cose sono l'apice della felicità per un millenian. E ti dirò, lo era anche per me. Sebbene in quel periodo mi beccassi della puttana da persone sconosciute, dai migliori amici e anche dai parenti, come ho già scritto, non avevo voglia di ascoltare e mi volevo solo adeguare.
I miei genitori mi hanno insegnato che essere particolare e avere un carattere spiccante non sempre ti aiuta, ma anzi, ti crea solo nemici. Vedi bullismo o ignoranza - non perché non conoscevano, ma proprio perché mi ignoravano - dei professori di fronte alla mia sofferenza. Perché stavo anche a loro sul cazzo, quindi perché aiutarmi.
E poi arrivi all'università, nuovo ambiente, nuovi amici - come ho già detto, tutti quelli di vecchia data li ho persi per strada e quindi mi sono dovuta ricostruire una vita - e via di nuovo con il solito ciclo: studia, divertiti, tromba, bevi, fuma e quando puoi pensa.
Alla fine a furia di non pensare mi sono ritrovata a 24 anni con un ragazzo che, per quanto ami e fantastico sia, non prova empatia per la mia desolazione; un'università che alla fine non mi ha insegnato un cazzo, e di conseguenza non riesco a trovare uno stage pagato - perché un internship l'ho trovato, ma lavoro gratuitamente e quindi non mi garantisce una fottuta a casa a Londra - e gli stage pagati se li prendono le persone risolute, geni, intuitive, dinamiche e curiose: tutte cose che a quanto pare non mi appartengono più - quando ero più cretina mi appartenevano ma vedi tutti i casini che ho combinato; un Erasmus che non mi ha dato un cazzo; quei pochi amici a 850km di distanza che oltretutto pensano ai cazzi loro, come giusto che sia, e anche se l'ho già menzionato, un ragazzo che pensa che il mio malessere sia solo frutto di vittimismo e non sia reale.
Beh, che dire. Mi sento un po' come quando ero bambina, avevo la febbre o la dissenteria o qualsiasi altra malattia e mia madre mi mandava comunque a scuola perché diceva che stessi fingendo. E alla fine mi cagavo addosso davanti a tutta la classe perché effettivamente stavo di merda. Allora mia madre mi veniva a prendere e mi beccavo pure botte perché mi sono azzardata a stare male - o a cagarmi nei pantaloni davanti a tutti.
Non so se ho reso l'idea in questo bellissimo e scritto in un modo così sinteticamente corretto - e ovviamente sono ironica, perché credo di non essere capace a fare nemmeno questo - stream of consciousness alla Virginia Woolf. Non credo di potermi paragonare a lei dato che è stata la persona più femminista e caratteristica del suo secolo. Stream of consciousness. Senza Virginia Woolf.

E magari spero che tu, tu che stai leggendo questo pezzo mi conosca. E spero che sia te. E spero che per una volta capirai cosa voglia dire vivere nel malessere tra quesiti, sensi di colpa e incapacità. Spero che tu provi empatia. O spero che provi disgusto. Ma almeno qualcosa la provi. Piuttosto che essere annoiato mentre leggi questa marea di puttanate e ti chiedi "Ma perché cazzo sono ancora qua a leggerlo e ad aver a che fare con te". Lo comprenderei.

Adesso scusa, ma ho un film di merda da finire. Manco questo sono riuscita a sceglierlo bene.
Ti saluto.

Mi dispiace non essere l'idea che ti sei costruito di me.

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